Trovami
Un delirante
Tratto di vita,
Trovami un totale furore in immagini e parole
O niente, lasciami stare.
Un deserto e cadere
piana di strette
morsi larghi
fissi in occhi pungenti.
Armi seduttive
cori lontani
musica di festa come un invito.
Imbucarsi e la scena madre,
riflettori accesi.
Protagonisti,
sciolti di certezze
anime dissolute.
Paghiamo il giusto
prendiamo tutto.
L’offerta è valida fino al calare del sipario.
Mi sto decidendo a qualcosa di diverso,
un punto di vista che non avevo cosiderato prima,
il fermo immagine.
Da oggi voglio guardare così, in questa piatta prospettiva,
in fondo qui tutto è senza dune, onde, scorrevole.
In fondo qui tutto adesso mi sembra immoto.
Le sensazioni soggiogate dalla banale resa dei conti.
E fare il punto della situazione è più o meno svilente.
Per questo ora voglio portarmi in testa una visione paralizzata,
che si presenti come quando vi guardavo vivi.
Solo che ancora non ho ben compreso come ricordarvi, vivi.
Non conosci il mio spessore.
Non vedi oltre le parole, i suoni, la durezza.
Non conosci la mia anima.
La mia indole che sosta nella penombra, non le piace esporsi al sole. C’è.
Un arrendersi alle mie evidenze, pure, senza scopo e senza tornaconto. Nessuna richiesta esplicita.
Ci sono io e le mie immagini di bellezza senza tempo né definizione.
Io, all’Amore ci credo.
Io, l’Amore lo sento e ci parlo.
Io sono questa persona qui, e non dò responsabilità a nessuno, né pesi, né misure.
Io sono nel mio ambiente naturale e mi muovo come meglio posso fare.
E non mi ergo su nessun monte con nessun decalogo.
Le regole sono falsi stratagemmi per evitar di vivere,
per imporre di star zitti e quieti.
Agli altri.
Il masochismo non mi appartiene.
Se soffro mi coccolo, mi abbraccio, me ne vado.
Se sto bene, rimango.
E mi sento tanto uno spunto in rosso in mezzo a tutto il nero di cui vi vantate coprirvi. E no, non sta piovendo.
Perché prima che finisca di dirmelo il mondo, lo sottolineo io.
E allora potremo, insieme, cominciare a ragionare, come si conviene a persone della nostra sostanza.
Scorza dura, ingranaggi molli.
Che ad ogni avvio, rinvio, spegnimento, subiscono questa strana influenza lunare.
Anche se è giorno.
Avanzano col calar della luce, rabbuiano al cospetto di nubi.
So che sei come me, allora entra, parliamone.
O stiamo zitti, osservami.
Fammi poche domande, che preferisco parlarti con gli occhi, so che comprendi.
Magari un abbraccio, ma solo dopo le cose tristi.
Così, per tenersi ancorati alla sedia, al pavimento.
C’è sempre questa paura di volare via, sai?
Quindi, se mi dai una mano, magari rimango ancora un po’.
Non farti troppe illusioni, però, che col fatto di essere disturbata, tra non molto, avrò già cambiato idea, e ti avrò sbattuto la porta in faccia.
E non vorrò dirti nemmeno un cenno, un capello non sarà fuori posto, e poi li strapperò tutti per la rabbia.
O forse ti faccio un caffè.
Ad ogni modo, benvenuto, e non temermi che in fondo non sono capace a far male nemmeno a una mosca.
Ho smesso gli abiti mentali,
ho fermato il sonno all’imbocco della soglia del piacere,
per imprimerlo bene dentro le mie mani avviate
a strani concetti che avevano un effetto domino
lì, piantati tra la gonna e le calze.
Rumori dentro la bocca
che scendevano fino a risiedere nello stomaco
e tenuta stretta tra la collana
e il rossetto
a pensare
a stratificare
tocco
su tocco lieve
pulsante
ora estremo fino al sangue.
Dentro lo sfinimento puro
accogliere il tuo
dentro il mio umore
scegliere il tuo come compagno di gioco sporco
e starci fino al sapore, ultimo.
Immaginarsi una vita,
portarla sul palcoscenico,
cantarla, recitarla.
Tutto è possibile, raffigurabile, spiegabile.
Tutto ha uno sviluppo, un’interazione col prossimo.
C’è la moda, c’è il vintage, c’è l’essenza portata in superficie.
Io mi porto dove non so nemmeno che fare, ma lo faccio e mi appaio bene.
Male, male!
Non ho un grammo di pelle libera, usabile, non ho un centimetro disponibile.
Ti sei respirato tutta la mia carne, con contorno di ossa e dessert di sangue denso.
Complimenti.
Non sono affidabile,
non mi affiderei nemmeno io a una così spassionatamente umorale.
Eventi e fatti che incidono, materia ancora così tanto plasmabile e tanto vela che s’infrange sulla cattiveria gratuita.
Ancora musetto da bambina,
pericolosa mente ferita,
tendenzialmente propensa all’aggiusto.
Ma crisi che volano sul capo come piovessero da una bocca viscida,
che sa bene come mancare il fiato fino all’ultimo istante prima di crepare.
E io che ci rimango buona buona sotto.
Io ho avuto tutto, non mi manca niente e niente mi sono risparmiata. A che serve un giorno svegliarsi e pentirsi? Sciocco. Darsi alle noie, alle paralisi, inventarsi un ecosistema atto alla propria fantasia, sì, fatto. Sciocco non pensarci, credere avere fede illudersi di rubare qualcosa e fermarlo nel tempo. Il tempo va, tu o vai o che ci stai a fare qui? Ma beviamoci su con indifferenza ché ho smarrito un paio di sensi e devo riprenderli per i capelli. O mi faranno dannare per il resto della notte. Domani mi auguro un risveglio fatto di te, prendi nota.
Buggy Mind