Ci sono giornate insignificanti, tasselli storti sul muro della vita che poco reggono. Ci sono giornate in cui sembra di vivere in una grande “americanata”, tutto così impossibile, surreale, bello finto, che finisce al posto giusto in una mossa sola. Tra tutti quegli effetti speciali che ti perdi il senso vero della storia. Ci sono giornate in cui si sente il peso del senso delle cose, anche quello che ancora aspetti, quel peso da cui nessuno riesce a evadere.
E ti chiedi perché nel posto dove le cose dovrebbero filare più lisce che in qualsiasi altro quelle cose siano invece grinze, arrugginite e piene di tetano come la punta di un vecchio chiodo. Ti chiedi perché ricevi da chi dovrebbe voler dare di sua iniziativa, per amore, non perché è giusto. Tempo, attenzioni, cura, una spalla. Amore e giustizia. Amore e bontà. Dove pende l’ago della tua bilancia?
21,34 __ Scorrono le vie, schioccano i passi ed è un sabato di allegrie spente, ed a ogni passo uno schiaffo nei pensieri, sotto i lampioni. Sentirsi randagio, ferito. Forse alla ricerca di dignità. Forse alla ricerca di persone che sanno camminare nel loro lato della strada, che sanno stare al posto giusto, tra luce ed ombre, e sanno anche attraversare, per salvarti provvisoriamente. Sì, perché non c’è nulla di più definitivo di ciò che è provvisorio.
21,52 __ Sabato e attraverso le strisce pedonali con il piano di Yiruma nelle orecchie con gli occhi buttati sul mio taccuino. Non alzo la testa e le macchine si fermano. Cammino adagio. in fondo stasera la vita non mi interessa. Immagino le facce della gente. Ivrea si distende per la mia anima che si accartoccia. Non ho il coraggio di guardare più in là, tra le pagine già strappate, già viste, in capolinea grigi con autisti annoiati.
22,09 __ Perché sembra tutto quello che non è? Perché è tutto quello che non possiamo avere? Perché avremo quel che non basterà? E facciamo spazio alle cose che ci devono essere nella vita di una persona lottando con chi vorrebbe portartele via, mangiartele come un cancro. Perché viviamo pensando che a un certo punto della vita qualcuno ci ripagherà per quel che abbiamo dato? Perché speriamo che quelli che resteranno dopo di noi dimentichino i nostri errori e dicano “era una brava persona”? Sono tutte balle.
22,35 __ Penso questo e mi ferma una piazza. Mi chiedo dove sarei arrivato se fossi stato qualche virgola diverso, qui e là. Sareste stati diversi anche voi con me? Non sarei stato quel peso che hai sempre fatto vedere di saper portare. E se l’avessi fatto non avresti nulla di cui vergognarti. Non avrei nulla di cui vergognarmi. Occasioni, priorità, ecco cosa siamo. Da prendere, da lasciare, da dare. E l’ordine giusto non ce lo da Dio in persona. È un brutto affare che resta alla nostra carità. Perché dire buonsenso sarebbe spostarla sul razionale. Allora penso…che priorità mi hai dato? Mi dai? Quante occasioni hai permesso che ci dessimo? Cercare la risposta a certe domande fa male sul serio. Arrivare in fondo alla storia con pochi perché in mano è ancor peggio. Serve capire per accettare. Ma è così, le risposte che non ci piacciono sono le più maledettamente frequenti e il più delle volte son da prendere come gli scrosci di pioggia primaverili improvvisi, impotenti.
22,49 __ Sabato notte, le macchine piene e la musica alta ed io, attorcigliato ai miei pensieri, vicino a una giostra spenta. Tutto questo fiato tenuto dove va a finire, tutto questo non sapere, questo sentirsi sbagliati, non all’altezza, a che serve poi. Se poi mai finirà. A che serve poi se non a morire prima. Almeno dentro. Storia di un dolore di sempre. Sai.
Fabio Pinna