Autore: Gianpaolo Pansa
Pubblicato da Rizzoli - Maggio 2011
Pagine: 423 - Genere: Saggi
Formato disponibile: Copertina Rigida
Collana: Rizzoli best
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Un libro testimonianza dell’evoluzione che la carta stampata ha avuto nei cinquant’anni di carriera del suo autore. Ma non solo. Un quadro perfetto che dipinge attraverso la mano del giornalista Giampaolo Pansa, l’intrecciarsi del giornalismo con la vita politica, economica e culturale dell’Italia, dalla seconda metà del ‘900 ai giorni nostri.
Giampaolo Pansa, autore e narratore di Carta Straccia, nonché testimone delle vicende che racconta, mette al servizio dei suoi lettori cinquant’anni di carriera in svariate e importanti testate italiane. Un “libro-giornale” (secondo la mia personale visione dei fatti) nel quale Pansa narra l’amore per il giornalismo, nato grazie alla prima macchina da scrivere regalatagli dal padre e svanito con gli anni, a causa di un’ informazione rivelatasi sempre più menzognera. Pansa rivendica un giornalismo falso e fazioso dove le notizie sono macchiate di molta politica e poca obiettività. Partendo dal mito della resistenza e considerandola una storia raccontata solo dai vincitori. Descrivendo redazioni gremite da comunisti o comunque militanti della sinistra, per i quali contava esclusivamente la faziosità politica più della bravura del singolo giornalista. Raccontando la feroce storia delle Brigate Rosse, coperte, secondo lui, dalla sinistra del tempo e proseguendo con il racconto di atti violenti che caratterizzano anche l’Italia di oggi. Atti da condannare (rammenta anche il caso Tartaglia). Inspiegabile, a suo dire, il sostegno del web, sempre più feroce e rovente che rende lecito ogni gesto seppur vandalico e disumano.
Pansa infarcisce il tutto anche di esperienze personali, non risparmiando al lettore nomi e cognomi di volti noti del giornalismo, della politica e della televisione (questi ultimi soprannominati da lui: i sultani rossi). Doveroso citare, poi, la continua guerra mediatica che il giornalista descrive contro Silvio Berlusconi, alias “Caimano” o “Papi”, che vede crollare uno dei vecchi fondamenti del giornalismo: la vita privata al di fuori degli articoli di politica. Scelte poco professionali, strade intraprese per impennare le vendite e affermare l’egemonia di pensiero dei grandi direttori.
Una narrazione nostalgica, ricca di ricordi personali e malinconia per il giornalismo “autentico”, dove il Pansa descrive e denuncia lo sfacelo dei giornali, sempre più scadenti e falsi.
Tuttavia, in un primo momento, i racconti del giornalista sembrano essere anch’essi intrisi da una certa faziosità, condannata da lui stesso per tutto il libro. In realtà, come poi si definirà anche lui, Pansa più che di destra o di sinistra è un “Revisionista”. Va, cioè, a narrare le vicende per come sono accadute, dando voce sia ai vinti sia ai vincitori. Denunciando l’ipocrisia odierna, dove l’unica cosa che conta è affermare il proprio pensiero a prescindere dal fatto che possa essere giusto o sbagliato. Questo, a mio parere, è il perno sul cui si districa tutto il libro e il pensiero dell’autore. Carta straccia è un libro che arricchisce il punto di vista del lettore perché stimola a pensare in maniera diversa e a valutare le vicende sotto un’altra luce, a prescindere dall’idea politica del singolo.
Una lettura non troppo leggera, a volte prolissa nelle vicende personali che rendono alcuni tratti poco comprensibili a chi non conosce bene il mondo dell’editoria di cui Gianpaolo Pansa parla.
Si riscatta, comunque, nel complesso, risultando un libro diverso. Forse impopolare, ma riflessivo. Condizionato, secondo il mio modesto parere, anche dalla morte di colleghi cari all’autore, uccisi da un pensiero diverso da quello della società.
Seppur un po’ pesante Carta straccia è un libro per menti aperte, capaci di andare oltre e indagare per la verità dei fatti.
Approfondimento
La figura che più ho amato è stata quella dello storico, che Pansa ha contrapposto a quella del giornalista. Ponendosi una domanda abbastanza complicata da risolvere: “Il giornalista deve essere imparziale e limitarsi a raccontare le vicende per come accadono? Come anche lo storico dovrebbe fare. O è giusto che scriva anche in base al suo modo di vedere le cose?”. Shakespeare avrebbe detto “Essere o non essere? Questo il dilemma”. Il tutto ispirato a Nonna Caterina (nonna dell’autore) dalla saggezza antica, quella che solo le persone di un tempo preservavano in loro.
Alessia Bellizzi