
Autore: Donatella Di Pietrantonio
Pubblicato da Einaudi - Gennaio 2018
Pagine: 182 - Genere: Narrativa Italiana
Formato disponibile: Audiolibro, Brossura, eBook
Collana: Super ET
ISBN: 9788806237998
ASIN: B0798BJM94

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Anche il terremoto non guariva, era un’epilessia profonda della terra insorta da un momento all’altro e non smetteva più. Sotto di noi le convulsioni si ripetevano da mesi senza uno schema, una regolarità, ora più intense, ora appena percettibili, secondo una sequenza disordinata e snervante. A volte una pausa più protratta dopo una scossa ci illudeva fino alla successiva, più forte dell’ultima.

Questa volta Donatella Pietrantonio ha voluto stupirci raccontando una storia decisamente impegnativa ed emozionante allo stesso tempo. Ho amato molto di più questo romanzo rispetto alla più famosa Arminuta, perché l’ho trovato molto più intimo e con la giusta distanza storica dal grave terremoto che colpì L’Aquila nell’aprile del 2009.
Siamo in una famiglia semplice costituita da un nucleo familiare anomalo, una zia, una nonna e un nipote. I sopravvissuti alla catastrofe. Caterina la protagonista è la zia pittrice, un po’ sbandata e con scarsi rapporti sociali, priva di un compagno e tendenzialmente sola, una donna acerba e poco incline allo svago, Marco è il nipote adolescente, scontroso e chiuso in sé stesso, abbandonato dalla madre Olivia morta a seguito del terremoto e dal padre Roberto, un musicista di talento che non ha tempo per seguirlo, infine la nonna che cerca di legare figlia e nipote attraverso amore e determinazione, ma che nel suo cuore desidererebbe vedere Caterina priva di qualsiasi responsabilità e libera di vivere la propria indipendenza. La nonna accusa l’ex marito di Olivia, Roberto, per aver abbandonato la figlia relegandola a vivere all’Aquila e quindi mettendola in pericolo, causandole la morte. Marco non ha alcun legame con il padre e cerca nel possibile di stargli lontano, gli rinfaccia di aver tradito la madre con la violinista Irene e di essere sparito senza recuperare un minimo di rapporto con la famiglia di origine.
Arriva alle dodici con una torta esagerata per quattro persone, me la consegna sulla soglia e io gli dico: dai, entra. Marco, girato di spalle, risponde al saluto con un ciao quasi impercettibile e non si avvicina. È tutto preso dalla tastiera del telefono, anche un minuto fa, quando gli ho chiesto di aprire, ha scosso la testa e me l’ha mostrato fingendo di parlare con qualcuno. È rimasto in casa controvoglia, ora fa a meno di trovarsi subito davanti al padre.
Il quadro appare così descritto come tragico, ma in realtà le vicende dei personaggi sembrano incasellarsi insieme nella volontà di restaurare il paese: Marco di nascosto sfugge alle regole e con i suoi amici e compagni di scuola entra in Zona Rossa per cercare di ricostruire quel poco che è rimasto della sua casa, Caterina riprende il proprio lavoro di pittrice all’interno di una Villa abbandonata appartenente a un facoltoso professore, Sandro. La nonna innaffia regolarmente le piante e riscalda l’atmosfera dell’abitazione momentanea cucinando squisite pietanze ed aiutando Lorenza, la donna che nel terremoto perse la sua unica figlia di sei anni.
Durante la narrazione Caterina ricorda i momenti della sua infanzia con Olivia e gli ultimi istanti prima di perderla quando erano insieme accoccolate sul divano a bere una tazza di latte caldo nell’attesa del terremoto, nell’attesa che tutto travolgesse l’esistenza, sono momenti di grande tristezza, estremamente realistici, come fossimo catapultati nelle loro esperienze traumatiche.
L’anticonformismo del nipote Marco crea subbuglio, salta la scuola e alla gita scolastica si ubriaca e poi viene arrestato mentre cerca di rientrare nella Zona Rossa, questo comportamento spinge il padre Roberto a riavvicinarsi al figlio per tentare di aiutarlo e nello stesso tempo per ricucire la relazione indebolita, ci riesce perché Caterina dimostra disturbo, favorisce il distacco con il nipote, che ama moltissimo, ma che comunque fatica a comprendere e che a volte vorrebbe allontanare, lei non è pronta a fare da zia full-time.
E mentre figlio e padre riprendono a parlarsi Caterina fa amicizia con Sandro il professore e fra i due il tenero si fa strada fino agli albori di un rapporto amoroso che però non ha una continuità e sembra instabile, nessuno dei due si sbilancia e ha paura, ma la frequentazione non viene interrotta.
Bella via è un romanzo che lascia una traccia profonda nel lettore perché il linguaggio intriso di passione e consapevolezza ci avvicina alla sofferenza ed anche alla speranza.
Approfondimento
Nel campo eravamo deportati di lusso, venivano cuochi famosi a cucinare per il nostro scarso appetito e i politici a visitarci, con i vestiti sportivi adatti alla circostanza e le facce atteggiate solidarietà. Le telecamere li filmavano sullo sfondo blu delle tende mentre prendevano impegni per una pronta rinascita dell’intera area colpita dal sisma e lodavano il coraggio e la dignità della popolazione così duramente provata […] Grazie al terremoto sono scesi alle nostre latitudini personaggi che mai avrebbero pensato di esibirsi a L’Aquila, ma nessuno pernottava, poi. Rientravano a Roma, al riparo dalle scosse continue e dai disagi.
Fa riflettere il trafiletto della storia in cui si fa riferimento agli aiuti e ai sostegni ricevuti dalla popolazione politica e l’attenzione mediatica interessata ad animare con concerti e festival i poveri terremotati. Ogni cosa è descritta con profonda amarezza, il disinteresse si palesa attraverso la scelta di un abbigliamento selvaggio e poco curato per non apparire diversi davanti a chi non ha più nulla, con il ritornare a Roma dopo l’esibizione, con la freddezza di rapportarsi in maniera completamente meccanica, come se fosse tutto organizzato unicamente per fare parlare.
Nausicaa Baldasso