
Autore: Edgar Allan Poe
Pubblicato da Feltrinelli - Giugno 2014
Pagine: 235 - Genere: Classici, Racconti, Horror, Noir
Formato disponibile: Brossura, eBook
Collana: Universale economica. I classici
ISBN: 9788807901317

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“In negativo come in positivo, la mente lavora intorno agli oggetti, alle situazioni, perfino alle persone, con procedimenti di cui possiamo constare solo l’esito finale. Da un lato, il brivido di terrore o il pensiero fisso che ci ossessiona; dall’altro, l’eccitazione dell’intelligenza che risolve i problemi.”
“Il palazzo incantato” di Marirosa Mancuso

Non ho mai voluto leggere i libri di Edgar Allan Poe. Ho sempre associato il suo nome ai racconti horror e, visto che non sono un amante del genere, ho sempre evitato di prendere in mano una delle sue opere. Ora mi rendo conto di quanto sbagliato sia stato il mio “supporre”, che mi ha privata, per così tanto tempo, di una scrittura avvincente ed elegante.
I suoi Racconti li avrei divorati in pochi giorni se fosse stato possibile, perché sono veramente dei piccoli capolavori che si leggono senza stancarsi. Per fortuna la mia scarsa disposizione di tempo non me lo ha permesso, e questo ha fatto sì che potessi gustare lentamente questo rincorrersi di storie piene di tematiche e pensieri sui quali riflettere.
La prima cosa che mi è saltata alla mente è che relegare al solo genere horror queste pagine sia senza dubbio uno sbaglio. Anche se il grottesco sicuramente non viene lesinato, grazie all’abile penna dello scrittore diventa solo un mezzo come un altro per indagare la mente umana. Sono le sensazioni, le emozioni, le paure che prendono il soppravvento, trasformando ogni situazione, dalla più comune a quella più surreale, in pretesto per far sì che il protagonista possa imbastire un dialogo con sé stesso. Nella maggior parte delle storie raccontate, spesso immerse in un’atmosfera gotica, assistiamo al lavorio mentale dei diversi personaggi che viene messo molto più in risalto delle azioni compiute. E il lettore si trova intrappolato in questa ragnatela di pensieri al punto di viverli con loro.
Sull’enorme potere che la nostra mente inconsapevolmente possiede Edgar Allan Poe non ha dubbi: è capace di suggestionarci, di cambiare il mondo che abbiamo davanti, portandoci a fare cose che non vorremmo (come accade, per esempio, all’assassino del racconto Il demone della perversità che confessa senza averne intenzione il suo delitto).
Nei racconti I delitti della rue Morgue e La lettera rubata, Dupin, un originale ispettore a tempo perso, ci fa lezione sul come sia necessario adattare il pensiero alla personalità del pensante per riuscire ad avere la soluzione del mistero, e anche come spesso ci si soffermi troppo sulle nostre convinzioni tralasciando di guardarci intorno per trovare indizi utili.
Si può sbagliare quindi anche per eccesso di profondità: non sempre la verità giace in fondo a un pozzo. Anzi, io sono convinto che le conoscenze più importanti si trovino immancabilmente in superficie. Profonde sono le valli in cui ci aggiriamo per cercare la verità, ma non le cime dei monti su cui la troveremo.
Senza dubbio questi ultimi due, insieme al primo racconto (L’uomo della folla) che apre la raccolta sono i miei preferiti. L’immagine di quell’uomo che non fa altro che camminare dalla mattina alla sera, senza una meta precisa, evoca la solitudine più profonda dell’essere umano che pur di evitarla sfugge a sé stesso. Il suo continuo girovagare mi ha un po’ ricordato le nostre corse verso l’inutile che diventano molte volte un modo per dimenticarci di noi.
Approfondimento
Sono quindici i racconti che compongono questa raccolta che riesce a sondare le parti più nascoste della mente umana. Scritti in maniera magistrale sono, oltre che una bella lettura, anche un buon esempio di “arte della scrittura”, utile per chiunque oggi sogni di poter mettere su carta pensieri e emozioni. Pensate che la stessa Grazia Deledda ha affermato di aver imparato a scrivere proprio leggendo le pagine di questo grande maestro.
Una cosa che mi ha molto incuriosita sono gli accenni, più o meno diretti, alla frenologia, scienza che collega alla morfologia del cranio le qualità psichiche dell’individuo. Probabilmente è proprio dall’interesse verso questa materia che derivano le descrizioni dettagliate che fa delle persone.
Nel Demone della perversità però Poe, tramite la voce del protagonista, che è un assassino, mette in evidenza i limiti di questa scienza, e quanto sia più importante far sempre riferimento all’acutezza della mente umana per capire meglio chi si ha davanti, ribadendo quindi il concetto principale che aleggia nella maggior parte del libro.
È indubbio che la frenologia, e in gran parte anche la metafisica, siano costruzioni a priori. È con la ragione e con la logica, piuttosto che con l’osservazione e l’intuizione, che l’uomo cerca di immaginare quali siano i progetti divini, e anche di dare a Dio qualche suggerimento.
A chi ancora non ha mai avuto la fortuna di confrontarsi con la scrittura di Poe suggerisco vivamente di leggere questo libro. Sicuramente ne rimarrete affascinati, d’altronde se i suoi libri ancora oggi sono sulla cresta dell’onda un motivo ci sarà.
Aira Ria