Autore: Emile M. Cioran
Pubblicato da Adelphi - 2004
Pagine: 362 - Genere: Saggi
Formato disponibile: Brossura
Collana: Piccola biblioteca Adelphi
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Un autoritratto spirituale di Emile M. Cioran, apolide, filosofo, pensatore, scrittore. Parte integrante del libro sono le "Conversazioni", venti interviste rilasciate da Cioran negli ultimi anni della sua vita ad altrettanti illustri intervistatori che ne mettono in luce il pensiero. Cioran si definisce uno scettico sì da dichiarare che solo la scrittura l’ha salvato dal suicidio.
Un apolide metafisico di Emile Cioran è un testo che si rivolge anche ai non addetti ai lavori. Chiaro e ben strutturato, attraverso una conversazione-intervista e la presentazione di un pensiero non convenzionale esso è diretto anche ai neofiti della filosofia. Inizia a scrivere da giovane nella sua Romania e da allora definisce la scrittura terapeutica. Ben presto lascia la patria e si reca in Francia per completare la tesi di laurea su Nietzsche. Di fatto lì decide prima di girare la nazione in bicicletta e poi di continuare gli studi. Quindi si stabilisce a Parigi dove trascorre il resto della sua vita. Sofferente di insonnia, vaga di notte per le vie delle città, e interpreta questo disagio come una condizione che “ti esclude dall’umanità e ti pone al contatto col nulla”. Il saggio -intervista- trova il suo filo rosso nell’idea del suicidio che egli contempla come sbocco per una vita migliore.
Questo è lo strumento per sopravvivere, per vivere meglio, per vincere il limite e la noia. Influenzato dal taoismo, per cui la vita è un fiume d’acqua, fa della calma la sua ragione di vita. La cosa veramente bella dell’esistenza è la perdita delle illusioni e il diventare complici di un mistero: “essere capaci di compiere un atto che va contro il proprio sapere. E’ chiaro che la coscienza è veramente nemica della vita. Si sa che appena siamo coscienti di un movimento non possiamo più farlo e lo facciamo male”. Il pensiero schietto e rivoluzionario di Cioran si plasma sulle risposte che sono a volte battute tragiche e altre umoristiche, ma comunque interrogano sempre sul senso della vita con un quesito da porre in solitudine senza pensare mai che quanto scritto un giorno sarà pubblicato. Cioran attraverso la scrittura si libera dai pensieri che lo attanagliano e nel momento della pubblicazione scioglie le sofferenze e le manie da cui è afflitto.
Le sue origini e i suoi studi lo avvicinarono per un certo periodo all’esistenzialismo da cui si distacca, rifiutandone l’impegno politico. “Il potere è diabolico, desiderarlo è la grande maledizione dell’umanità“. Egli si rifugia nella filosofia dell’assurdo che si colora di un pessimismo estremo desunto da Nietzsche, Schopenhauer, Heidegger, benché in una delle ultime interviste dichiari che: “la filosofia non poteva aiutarmi. Ad ogni modo io preferisco gli scrittori; per me Dostoevskij è il più grande genio, il più grande romanziere. Ho letto moltissimo i russi, Cechov, naturalmente”. Ha letto e amato Leopardi, i suoi migliori amici sono stati Beckett, Ionesco e Kafka.