
Autore: Graham Hancock
Pubblicato da Corbaccio - Febbraio 2016
Pagine: 553 - Genere: Saggi
Formato disponibile: Copertina Rigida
Collana: Profezie

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Scrittore e giornalista scozzese con la passione per l’archeologia, Graham Hancock si pone, in questo suo ultimo libro, ancora in controtendenza rispetto a molte delle posizioni della scienza ufficiale sull’eredità che ci viene dal passato.

Secondo la teoria propugnata da Graham Hancock il Dryas recente, periodo di clima freddo (relativamente breve dal punto di vista geologico) approssimativamente compreso tra 12.800 e 11.600 anni fa, ebbe inizio con un cataclisma (inondazioni su vasta scala, cedimento della calotta glaciale nordamericana e nordeuropea) in corrispondenza della parte più alta del range temporale e terminò con uno sconvolgimento dello stesso tipo 11.600 anni fa. Hancock ritiene verosimile l’ipotesi secondo cui tra 12.800 e 11.600 anni fa un importante periodo della storia dell’uomo e una civiltà avanzata siano stati cancellati da devastazioni naturali. Al riguardo l’autore pone i seguenti interrogativi: “[…] se davvero è esistita, quella civiltà ha forse lasciato dietro di se delle tracce che potremmo ancora essere in grado di identificare oggi? E, in tal caso, la sua perdita per noi ha un significato?”.
Le ipotesi sostenute in Il ritorno degli dei da Graham Hancock sono tra l’altro supportate da “prove” particolari fornite da siti archeologici come Gobekli Tepe (Turchia) e Gunung Padang (Indonesia), dalla storia dei Sumeri, degli Assiri e dei Babilonesi, da siti naturali rilevantissimi sotto il profilo geologico presenti nell’America del Nord, da personaggi come Gilgamesh e Assurbanipal, da alcuni scritti di Platone (Crizia e il Timeo) e dalle Sacre Scritture.
La favolosa civiltà scomparsa di Atlantide: Platone fa risalire la distruzione e lo sprofondamento del continente perduto a novemila anni prima dell’epoca di Solone (600 a.C.), circostanza che renderebbe del tutto verosimile la teoria assecondata da Hancock, secondo la quale l’evolutissima civiltà di Atlantide scomparve tra il 10.800 e il 9.600 a.C., in uno spazio di tempo cioè, compreso tra i 12.816 e gli 11.616 anni fa. I sopravvissuti appartenenti a questa civiltà si sparsero quindi per il mondo, mettendo le loro avanzatissime conoscenze nel campo dell’agricoltura e dell’architettura a disposizione delle future generazioni che grazie al trasferimento di questa sorta di “Know how” non furono costrette iniziare ex novo il processo di civilizzazione. A Gobekli Tepe (un sito archeologico in Turchia), per esempio, i segni di questa “missione civilizzatrice” sono visibili nella comparsa improvvisa dell’agricoltura e dell’architettura monumentale.
Provare in modo rigorosamente scientifico le ipotesi richiamate significherebbe per Hancock che un popolo tuttora sconosciuto e non identificato proveniente da una zona non specificata del pianeta era già padrone di tutte le tecniche e di tutti gli elementi di una civiltà avanzata più di dodicimila anni fa nel bel mezzo dell’ultima Era Glaciale e aveva inviato in tutto il mondo degli emissari per diffondere i benefici derivanti da tali conoscenze. Ipotesi certamente non priva di fascino e di implicazioni storico archeologiche ulteriori, perché secondo Hancock “Con la data della sua fondazione stabilita attualmente al 9600 a.C. […], Gobekli Tepe ci impone anche di riaprire il caso irrisolto di Atlantide, da sempre oggetto di scherno da parte degli archeologi che deridono chiunque osi pronunciare il nome tanto disprezzato del continente perduto”.
Approfondimento
Il ritorno degli dei è un libro scritto da un appassionato e per appassionati. È denso di argomenti favorevoli alla tesi secondo cui un cataclisma apocalittico causato dall’impatto del nostro pianeta con una cometa alla fine dell’ultima glaciazione abbia cancellato quasi del tutto le tracce di una civiltà avanzata diffusa su tutta la Terra.
Ne Il ritorno degli dei, lo scrittore scozzese, dopo aver condotto una serie di minuziose ricerche, cerca di documentare l’effettiva esistenza di questa civiltà. L’idea che i sopravvissuti all’epoca antidiluviana abbiano tramandando ai posteri tradizioni e sapienza derivanti da un’epoca precedente appare indubbiamente accattivante. Al di là delle facili suggestioni, però, sembra naturale chiedersi se del lascito proveniente dagli “Dei costruttori” abbiano fatto parte anche l’istinto bellico, l’egoismo, l’amore per il denaro e per il potere fini a se stessi e la mancanza di pietà e di misericordia per il prossimo che dai tempi più antichi fanno parte dell’esistenza umana.
Giovanni Graziano Manca