Bosco Bianco è il nuovo romanzo di Diego Galdino, autore poliedrico la cui vita si divide tra il suo bar dove tutt’ora lavora con grande passione, e la scrittura. Allo stato attuale è un autore di successo, conosciuto sia in italia che all’estero grazie alla sua scrittura semplice e sensibile che arriva dritta al cuore del lettore. Bosco Bianco è la perfetta rappresentazione dell’ empatia con cui Galdino si relaziona ai suoi personaggi, descritti in maniera sincera e reale: si tratta infatti di uomini e donne estremamente normali, contraddittori e veri tanto quanto lo sono le persone che incontriamo tutti i giorni per strada, o davanti ad una tazzina di caffè in un bar.
L’universo descritto è una perfetta rappresentazione della vita di ognuno di noi, con le sue surrealtà e la sua magia. Trovate al seguente link la nostra recensione del libro.La varietà di colori che caratterizza il mondo di Galdino non può che suscitare interesse e curiosità in merito alla sua vita e al suo modo di intendere la scrittura dove per altro convergono svariati riferimenti sia letterari, che provenienti dal mondo del cinema. Con questa curiosità e con la nostra consueta passione per i libri, tra un caffè e l’altro, gli abbiamo rivolto qualche domanda.
La sua carriera come scrittore è stata un vero e proprio crescendo di soddisfazioni e riconoscimenti: potrebbe succedere che “la penna” prenda il sopravvento sul caffè?
La penna ha già preso il sopravvento, ma il caffè mi scorre nelle vene e il bar è casa mia. Ed io amo scrivere restando chiuso in casa.
In un momento storico come quello che stiamo vivendo, dove la comunicazione è principalmente digitale, quanta importanza crede che abbiano ancora i Caffè come punto di ritrovo e di scambio?
Che dici ci prendiamo un caffè? Questa domanda è la risposta alla sua.
C’è una ragione specifica per cui ha scelto di ambientare il suo ultimo romanzo “Bosco Bianco” tra Amalfi e Positano?
Per uno nato e vissuto a Roma, sono pochi i posti capaci di sorprenderlo. Di sicuro è difficile per qualsiasi città del mondo reggere il confronto con la città eterna. Così ho pensato che l’unica cosa capace di reggere questo confronto potesse essere un paesaggio naturale e credo che la costiera amalfitana sia uno dei più belli che abbiamo in Italia. Volevo un titolo evocativo, che non condizionasse il lettore, o facesse capire di che storia si trattasse. Volevo che il lettore entrasse nella tenuta di Bosco Bianco come i protagonisti del libro, con curiosità ed emozione, senza sapere cosa aspettarsi.
Quanto tempo ha impiegato per mettere in discussione l’affermazione presente nel suo libro “tutti sono utili, nessuno indispensabile soprattutto in amore?”. Crede che sia un’idea destinata a cambiare nel corso della vita?
L’amore della tua vita come può non essere indispensabile? Se non lo è allora non è l’amore della tua vita.
In un’intervista ha sostenuto di aver scritto Bosco Bianco in un momento particolarmente difficile , quando dopo la separazione da sua moglie temeva di poter perdere le sue figlie. Alla luce di questo, quanto c’è di autobiografico nel personaggio di Giorgio Betti?
Bosco Bianco nasce tanti anni fa in un periodo molto difficile della mia vita. Avevo appena divorziato e per uno scrittore di romanzi d’amore era una grande sconfitta. La paura di non poter più vivere quotidianamente le mie figlie, il senso di colpa per aver tolto loro una famiglia normale, o la possibilità di addormentarsi con la consapevolezza che in caso di un brutto sogno ci sarebbero stati entrambi i genitori a rassicurarle ha fatto sì che io proiettassi queste cose sul protagonista della mia storia. Un uomo bisognoso di tornare a credere nell’amore e che lotta per recuperare la serenità e per dimostrare alle proprie figlie di essere un buon padre. Ho amato la possibilità di tornare a respirare la speranza proiettando sui personaggi della storia la mia voglia di poter essere nuovamente libero di credere che tutto sarebbe finito bene grazie all’amore.
Se dovesse dare qualche suggerimento ad uno scrittore emergente, cosa gli direbbe?
Purtroppo o per fortuna ora tutto è reso più facile o più difficile dai social. Le grandi case editrici hanno bisogno di fare numeri più che le parole e, in un paese in cui non si legge tantissimo, diventa logico ed inevitabile puntare su persone o personaggi che hanno già un seguito di persone molto nutrito. Così quando il libro uscirà le vendite saranno quasi certe, perché basterà che un quarto di quelle persone che seguono sui social quella persona comprino il suo libro per garantire un numero di libri venduti giusto per la casa editrice.
Basti pensare che in Italia a volte ci sono blogger che diventano più famose e seguite degli autori di cui recensiscono i libri. Non è normale. Per questo mi verrebbe da dire a chi ha velleità di essere pubblicato da case editrici importanti d’investire sui social, crearsi un nutrito numero di seguaci, così da avere qualche possibilità in più di essere notato e preso in considerazione. Ma io resto uno stupido romantico, che crede ancora nella scrittura, nella meritocrazia e sul fatto che se Dio ti ha dato il dono di creare dal nulla una storia ci sarà un motivo, un fine, per questo dico sempre a chi mi chiede dei consigli è di non smettere mai di credere nei propri sogni e soprattutto di non smettere mai di scrivere, perché solo scrivendo ci potrà essere la possibilità che qualcuno ti legga e cambi la tua vita letteraria, perché se è scritto che ciò debba succedere, in un modo o nell’altro succederà.
Giada Giuliotti