Chi è il vero pazzo? La signora Frola oppure il signor Ponza, genero della signora Frola? Questo è l’assillante quesito che permea l’intera novella pirandelliana “La signora Frola e il signor Ponza, suo genero”, novella facente parte della monumentale raccolta dello grande scrittore girgentano e Premio Nobel per la Letteratura Luigi Pirandello. Il signor Ponza ha sposato la figliuola della signora Frola e, com’è d’altronde più che normale per una coppia di sposi, è andato a convivere con la propria mogliettina in un quartierino di Valdana. La signora Frola non ha resistito molto lontana dalla figlia e così il signor Ponza, suo genero, l’ha stabilita in un quartierino del quale si è sobbarcato e si sobbarca il peso del mantenimento. La gente del paese però trova strana e, ma sì, diciamolo pure!, inaccettabile ai propri occhi quella situazione e allora cominciano a fiorire sospetti e speculazioni.
Questi sospetti e speculazioni si concentrano, in modo particolare, sul genero della signora Frola, segretario prefettizio, il quale passa per una sorta di mostro che impedisce ad una povera madre di frequentare, come sarebbe normale per una madre, la propria figliuola. Né la vecchia signora Frola né, tantomeno, il di lei genero, il signor Ponza, hanno nessunissimo motivo di acredine verso l’altra persona. L’unico motivo che li spinge a dichiarare pazzo l’altro è quella di giustificare gli atteggiamenti dell’uno e dell’altra in quella specifica questione. Secondo la versione della signora Frola la sua figliuola è stata, in passato, sottratta al marito e fatta ricoverare in una casa di salute per poi essergli restituita di nuovo florida e in salute. Questa sottrazione ha provocato, nel genero, già vittima di una sorta di assillo d’amore, una certa forma di pazzia. Secondo invece la versione dei fatti del signor Ponza la pazza è la suocera in quanto la sua figliuola è morta ormai da quattro anni e quella che lei dice essere la propria figliuola altri non è che la seconda moglie del signor Ponza che, per sole ragioni di compassione nei confronti della vecchia signora Frola, accetta di stare al gioco del marito facendo credere alla signora Frola di essere la sua povera figliuola.
In questa novella come nella “parabola in tre atti”, come la chiama lo stesso Luigi Pirandello in una lettera al figlio Stefano, intitolata “Così è (se vi pare)” Pirandello affronta un tema che poi tornerà in uno dei suoi più famosi e apprezzati romanzi, “Uno, nessuno e centomila”, ovvero quello dell’impossibilità di scoprire dove stia la verità vera e quello dell’essere ciascuno di noi diverso a secondo di come gli altri ci figurano. Indicativa a questo proposito è l’ultima battuta pronunciata dalla figliuola della signora Frola, a poche battute dal termine di “Così è (se vi pare)”: “Io sono colei che mi si crede”.
Riccardo Mainetti