“Ho smesso di credere a Babbo Natale quando avevo sei anni. Mamma mi portò a vederlo ai grandi magazzini e lui mi chiese l’autografo.”
Così raccontava Shirley Temple ex-enfant prodige del cinema americano, morta ieri all’età di 85 anni, nella sua casa di Woodside, in California. Fu simbolo di speranza e rinascita per l’America degli anni trenta, in balia della “Grande Depressione” a causa di una profonda crisi economica. Persino il Presidente F.D. Roosevelt ebbe a dire: “As long as our country has Shirley Temple, we will be all right” (“Finché il nostro Paese avrà Shirley Temple, noi staremo bene”). Fu sua madre che, finendo per riversare sulla sua unica figlia femmina i suoi sogni di ballerina mancata, decise di accompagnarla a molte audizioni che si svolgevano ad Hollywood. A tre anni iniziò la sua carriera da attrice, con diverse apparizioni in alcune serie televisive.
Al suo attivo, oltre 43 film, tra i più celebri: “Zoccoletti olandesi” (1937), “Rondine senza nido” (1938) e “La piccola principessa” (1939). La sua massima consacrazione la ottenne con il film “Riccioli d’oro” di Irving Cummings (1935), da cui sarà tratto il suo celebre soprannome. Ottenne un successo senza precedenti, anche grazie alle sue strepitose doti di cantante e ballerina. Moltissime sue canzoni, come “Animal Crackers in My Soup” (tratta da “Riccioli d’oro”) furono memorabili successi radiofonici. Sul grande schermo interpretò ruoli di bambine dolci, ma anche molto sagge e argute rispetto alla loro giovane età. Nel 1934 vinse addirittura un Oscar giovanile, riconoscimento appositamente inventato per lei. Nel 1937, ad appena nove anni, Shirley Temple fu scelta per consegnare l’Oscar a Walt Disney per il film “Biancaneve e i sette nani”. A 21 anni decise di ritirarsi dal mondo dal cinema, nel momento in cui la sua carriera di attrice stava iniziando la sua parabola discendente ed i suoi ultimi film non stavano riscuotendo lo stesso successo dei suoi film da bambina. Negli anni successivi la sua vita privata (due matrimoni e tre figli) si intreccia alla sua nuova carriera politica in qualità di ambasciatrice americana in Paesi esteri, come il Ghana e la Cecoslovacchia.
Ormai diventata adulta, Shirley Temple è stata anche il primo personaggio famoso a raccontare pubblicamente, almeno negli Stati Uniti, di aver avuto un tumore al seno. Nel 2006, la Temple ottenne il SAG Life Achievement Award, una sorta di «Oscar alla carriera» assegnatole dalla Screen Actors Guild, allora presieduto da Melissa Gilbert (l’indimenticabile Laura Ingalls Wilder de la serie “La casa nella prateria”). Ricevendo il premio, visibilmente commossa Shirley Temple aveva detto: «Quando avevo tre anni potevo dire di essere un’attrice, anche se ancora non sapevo nemmeno cosa fosse, un’attrice. Sono stata benedetta da tre carriere: attrice, madre, nonna e bisnonna, e servizio diplomatico per gli Stati Uniti». La signorina “Riccioli d’oro” lascia un segno indelebile nella storia del cinema e del costume mondiale. Successivamente il cinema americano, ha lasciato spazio a tante baby-star, fino alle più recenti (Macaulay Kulkin di “Mamma ho perso l’aereo” o l’ex icona Disney Lindsay Lohan) che però non hanno saputo gestire il peso di una fama, arrivata forse troppo presto e di un successo facile da raggiungere, ma altrettanto facile da perdere. La figura di Shirley Temple, ha attraversato intere generazioni, ed è stata omaggiata negli anni da grandi personaggi e artisti celebri, tra i quali Salvador Dalì, Walt Disney e i Beatles. Persino un cocktail, famoso in tutto il mondo, porta ancora oggi il suo nome.
Qui la vediamo in un tenero video.
Luca Vagnoni