
Autore: Maria Venturi
Pubblicato da Rizzoli - 2011
Pagine: 264 - Genere: Narrativa rosa
Formato disponibile: Brossura
Collana: I libri di Maria Venturi

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Virginia è una giovane donna, con un doloroso passato alle spalle, che lascia il piccolo paese dove è cresciuta troppo in fretta, tra imposizioni e privazioni, per inseguire il suo sogno: diventare un’attrice affermata. A Roma, un banale incidente la fa scontrare con Francesco, il figlio ribelle di un ricco industriale. I loro mondi non potrebbero essere più diversi e lontani ma il destino, attraverso un cruento e lungo sequestro di persona, in cui vengono coinvolti entrambi, unirà e trasformerà le loro vite.

E’ strano come, a volte, libri e film intersechino i propri significati. Così, leggendo e vivendo in Addio e ritorno la storia di Virginia, immagini si sovrappongono e riecheggia, tra le pagine scritte, la voce narrante dell’indimenticabile film di Ferzan Ozpetek, Mine Vaganti: “ Le mine vaganti servono a portare il disordine, a prendere le cose e a metterle in posti dove nessuno voleva farcele stare, a sgominare tutto, a cambiare i piani.” E Virginia è una mina vagante; è solare, ingenua e forte, nonostante appaia agli occhi degli altri sprovveduta e un po’ folle. Camminando per la sua strada con passo deciso e sognante, travolge la vita di Francesco, già segnata da un difficile rapporto con il padre Duilio, da cui cerca di emanciparsi per dedicarsi alla sua passione più grande, la musica. Parallelamente si snoda la storia dei genitori di Francesco, uniti da un legame che oscilla tra l’amore e il distacco.
In Addio e ritorno tutte queste vite si sfiorano e si compenetrano: ciascuno vive cercando di trattenere quel pezzetto di felicità che entra silenziosa e inaspettata nelle loro esistenze, una felicità sospesa, messa in un angolo ad attendere il momento in cui ci si possa sentirne finalmente degni. Le pagine scorrono velocemente, scandite da un sentimento che s’insinua in ogni singolo gesto: la Speranza. Ed è inevitabile per il lettore ricordare quei versi della grande poetessa Emily Dickinson in cui esalta la leggerezza e la forza di questo miracolo dell’anima umana; inevitabile perché è come se in qualche modo le storie di Virginia, di Francesco, Duilio, Silvia, altro non facciano che sviluppare inconsapevolmente la trama di questo straordinario poema:
E’ la “speranza” una creatura alata
che si annida nell’anima –
e canta melodie senza parole-
senza smettere mai-
E la senti dolcissima nel vento-
e ben aspra dev’essere la tempesta
che valga a spaventare il tenue uccello
che tanti riscaldò-
Nella landa più gelida l’ho udita-
sui più remoti mari-
ma nemmeno all’estremo del bisogno
ha voluto una briciola –
da me.
Ogni gesto di Virginia vibra sotto il tocco di questa “creatura alata” , che sostiene e anima la sua dignità anche durante la tragica esperienza del sequestro: rinchiusa per mesi nel buio, trattenuta da catene e bersaglio della ferocia dei sequestratori, Virginia resiste con tutte le sue forze ed è la roccia a cui Francesco si aggrappa; il suo corpo è prigioniero ma non i suoi pensieri, che restano liberi e in continuo movimento. Straordinaria è l’immagine di Virginia e Francesco che, in un momento di rara umanità di uno dei sequestratori, dopo giorni e giorni di clausura, riescono a rivedere il cielo:
“Quello è il cielo, Virginia pensò sollevando cautamente, gli occhi, ci sta sopra da quando siamo nati e passiamo la vita senza nemmeno farci caso, convinti che basti alzare la testa per vederlo sempre lì”.
Le parole di Etty Hillesum fanno da eco a questo pensiero della protagonista, meraviglioso nella sua semplicità: “Ma sopra quell’unico pezzo di strada che ci rimane c’è pur sempre il cielo, tutto quanto.” Allora forse è proprio questo che bisogna fare, imparare ad alzare lo sguardo al cielo, verso ciò che giorno dopo giorno vediamo ma non guardiamo con l’anima e il cuore presente, alzare lo sguardo spostando quella “ mano sopra il sole”, per riuscire a cogliere la vera portata dei sentimenti e della verità.
Rossella Sicilia