
Autore: Fëdor Dostoevskij
Pubblicato da Salani - Maggio 2022
Pagine: 96 - Genere: Classici, Romanzo storico
Formato disponibile: Brossura, eBook
Collana: Fuori collana Salani
ISBN: 9788831013956
ASIN: B09ZLJ8NW2

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Il testo presenta il capitolo "Ribellione" dei "Fratelli Karamazov" di Dostoevskij, che precede il celebre "Il Grande Inquisitore". In questo brano, i figli di Fëdor Karamazov, Ivan e Alioscia, discutono della natura dell'uomo e della libertà, del male nel mondo e dell'amore per il prossimo. Gherardo Colombo accompagna il lettore nella scoperta delle radici della libertà umana e del male nel mondo, delle domande più difficili della condizione umana. In un momento difficile della storia, il libro di Colombo ci invita a riflettere sull'attualità degli argomenti trattati, sui temi della giustizia, del peccato, dell'individualismo e della responsabilità universale. Il libro di Colombo, che si basa sulla profondità di Dostoevskij, ci conduce verso una riscoperta della profondità della vita e delle sue sfaccettature più difficili.

Ribellione? Non avrei voluto sentire una parola simile da te” replicò Ivan con ardore. È impossibile vivere nella ribellione, mentre io voglio vivere. Dimmelo tu, ti sfido, rispondimi: immagina che tocchi a te innalzare l’edificio del destino umano allo scopo finale di rendere gì uomini felici e di dare loro pace e tranquillità, ma immagina pure che per fare questo sia necessario e inevitabile torturare almeno un piccolo esserino, ecco, proprio quella bambina che si batteva il petto con il pugno, immagina che l’edificio debba fondarsi sulle lacrime invendicate di quella bambina – accetteresti di essere l’architetto a queste condizioni? Su dimmelo e non mentire!
Questa opera classica al contempo attuale e dal valore politico e teologico va lasciata decantare nel nostro spirito.
Un’accesa conversazione fra i due fratelli Karamazov Ivan e Alioscia scorre attentamente su tematiche esistenziali e come in una maieutica socratica apre scenari che si prestano a molte interpretazioni e non bisogna essere per forza cristiani per capire che il disegno divino è la rappresentazione di un cambiamento.
Una redenzione che Ivan non comprende e non accetta perché considera la radice del male e delle sofferenze umane; di questo “mondo” lui non vuole farne parte, non si riconosce nel perdono né nel discernimento umano.
L’uomo peccatore resta tale, il bambino innocente anche. Il primo non può migliorare come il secondo non può peccare. Rifiuta di identificarsi come l’abitante di un mondo divino in cui sussiste l’imposizione consapevole dell’uomo della sofferenza.
Per Ivan l’uomo è capace di amare solo se non vede l’oggetto dell’amore, al contrario di cosa invece è l’amore stesso, il riconoscersi nell’altro e dunque nel prendere atto dei suoi tormenti che siano fisici come ideologici. Nel raccontare la storia di Giovanni il misericordioso Ivan insiste sul fatto che il gesto di pietà intendeva ridicolizzare il bisogno del mendicante, perché privo di qualsiasi forma di amore.
Io sono convinto che egli lo facesse per una lacerazione piena di falsità, per il dovere di amare che gli era stato imposto, per una penitenza che si era inflitto.
La razionalità euclidea non lascia scampo a Ivan e gli infligge solo tormento. Ivan non è beato, è beato colui invece che ritiene di essere parte di un grande percorso e che si vede minuscolo al cospetto di un immenso Universo, vivendo il tempo come qualcosa che sfuggirà e di cui non ne sentirà la mancanza.
La sua concezione della vita, gli confida il tormento di non poter conciliare l’esistenza di Dio e la presenza del male.
Ogni questione aperta e irrisolta va analizzata ampiamente senza la minima esclusione linguistica. Le parole usate da Ivan e i racconti proposti al fratello filantropo Alioscia hanno lo scopo di rivolgere il pensiero Cristiano, ma non dobbiamo farci ingannare perché il ribelle Ivan non lascerà questo mondo riconsegnando il biglietto, ma bensì libererà colui che accusa sconvolto dal perdono ricevuto.
Gherardo Colombo affronta in Ribellione questioni religiose e chiaramente cattoliche come la speranza e il perdono sfruttando il suo manto laico e giurista, appellandosi ai capisaldi della costituzione italiana e ai successi legislativi raggiunti a seguito delle guerre. Accusa con fermezza ogni azione negativa come artefice esponenziale del male.
Tutte le sofferenze sono implicite nella natura umana. Ma gli uomini avendo ricevuto il libero arbitrio hanno modo di ridurle, affamando chi le impartisce. L’arma però non può essere la vendetta perché da questa non ne può che scaturire del peggio, il mito del “occhio per occhio” è andato sgretolandosi con lo stato di diritto e i periodi di pace e non se ne deve sentire più il bisogno.
L’armonia di cui parla Ivan è ottenibile solo includendo nelle nostre vite il perdono che può essere più o meno Cristiano, ma che emancipa l’uomo e lo innalza dalle sue piccolezze mostrandogli la giustizia.
Approfondimento
Quasi tutte le opere di Dostoevskij ci forniscono interrogativi sociologici, politici e teologici, e sta nel lettore l’ardua impresa di rivelarne il significato ed apprezzarne come fa Gherardo Colombo quelle che sono le sfumature nascoste che lo scrittore voleva comunicarci, molte sono sottese altre invece palesate con ardore.
Con quest’opera viene un gran voglia di leggere il Grande Inquisitore, così da poter giungere alla conclusione che la differenza non è fatta dalla giustizia bensì dal contenuto che affidiamo alle parole e che la parola giustizia è ambigua affinché possa esserne la sua giustificazione.
Nausicaa Baldasso