Sulla natura del sistema capitalistico
Autore: Dario Tanzi
Pubblicato da Fondazione Mario Luzi - luglio 2023
Pagine: 172 - Genere: Economia & Finanza, Saggi
Formato disponibile: Brossura
ISBN: 9788867483051
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«Serve il potere solo quando si vuole fare qualcosa di dannoso, altrimenti l'amore è sufficiente per fare tutto il resto».
Charlie Chaplin
Esistono singole parole che racchiudono concetti così potenti da poter cambiare la Storia. Una di queste è capitalismo.
Il saggio di economia “Sulla natura del sistema capitalistico” di Dario Tanzi rivolta il capitalismo come un calzino, per così dire, rispondendo a domande comuni quali: Su cosa si basa il sistema capitalistico? Cos’è il capitalismo in parole semplici? Quando si afferma il sistema capitalistico? Quali sono i problemi del capitalismo?
È un’analisi puntuale ed equilibrata che definisce il suo significato profondo e lo compara ad altri modelli economici del passato, considerando in maniera istruttiva i singoli aspetti che lo compongono. Il senso di questa ricerca è pratico: stabilire lo scopo del capitalismo per determinare l’efficacia e l’efficienza in relazione ad esso, come spiega Tanzi nelle prime pagine. Non a caso troviamo raffigurata in copertina Dike, dea della Giustizia. Questo percorso guidato tra ricerca della giustizia e ideologia può essere utile a chiunque desideri approfondire le dinamiche del capitalismo e avere alcune nozioni di base per comprendere la finanza dei mercati.
Un viaggio a ritroso che ha da insegnarci
L’economia è viva, si costruisce attorno agli individui e alle loro azioni ed è connessa, quindi influenzata, da politica, storia, filosofia, matematica e altri elementi. Per questo motivo nel tempo ha trovato le condizioni per mutare. Grandi economisti del passato come Adam Smith e Keynes (per citarne solo alcuni) hanno proposto ideologie che si sono proposte come una strada maestra per la crescita, il benessere e il superamento di crisi finanziarie. Tanzi considera attentamente i diversi approcci del passato ricordandoci un aspetto quasi banale ma fondamentale: tutte le teorie hanno dei limiti o risultano fallaci in determinati casi. Il cambiamento della società può renderle meno efficaci o invalidarne alcuni aspetti. In Sulla natura del sistema capitalistico si prendono in esame le differenze tra mercantilismo e liberismo, politiche economiche che si contrappongono sia nella loro attuazione che nei fini perseguiti. Come un gioco di prestigio i loro valori vanno a confondersi nell’attuale interpretazione del capitalismo.
Liberismo contro mercantilismo
Il liberismo proposto da Smith, che nella propria strada “incontra” le ideologie del liberalismo di Locke, propone misure come la divisione del lavoro che permette di specializzare i lavoratori, la condivisione delle risorse attraverso un libero scambio, quindi un’importazione ed esportazione che arricchisce la nazione, una gestione del risparmio, l’aggiustamento del prezzo di mercato al prezzo reale e l’importanza di mantenere salari alti poiché questi incentivando la domanda di impiego accrescono la ricchezza del Paese. Il consumo viene facilitato perché segue l’interesse del consumatore e non lo pilota. Lo Stato, nella sua visione, si occupa della realizzazione delle opere pubbliche e si fa garante del libero scambio. È il mercato, in queste condizioni ottimali, a potersi autoregolare. Questo sistema funziona bene se l’economia industriale, il commercio, l’uso del capitale funzionano in un contesto di libera concorrenza tutelata dallo Stato, il quale ha l’importante compito di redistribuire la ricchezza attraverso il sistema fiscale. Questa è una evoluzione del mercantilismo di Colbert nato nei due secoli precedenti, la cui idea era legata alla ricerca di ricchezza non attraverso il benessere economico di tutti ma attraverso l’accumulo di moneta, e quindi di potere, da parte del sovrano. Questa visione ha favorito l’esportazione così da poter ricevere moneta e ha frenato le importazioni, per non spenderla. Sistema applicato da stati assoluti come Francia e Inghilterra, fortemente interventisti nel proprio panorama economico, che gestivano le attività industriali attraverso le manifatture reali.
Il nuovo capitalismo di Keynes
Non manca l’approfondimento alla teoria keynesiana di John Maynard Keynes, riconosciuto come il massimo economista del Novecento e riformatore del capitalismo. Secondo Keynes, che ragiona ricordiamolo in un tempo storico e un mercato mutato rispetto agli economisti del passato, lo Stato deve intervenire nelle questioni di macroeconomia. Propone idee molto interessanti come la tassazione rapportata ai redditi, porta l’attenzione sull’importanza della gestione della domanda e sugli investimenti pubblici. Inoltre mette in guardia sul ruolo delle aspettative di un settore in cui la fiducia decresce e gli investimenti sono azzardati. L’aspettativa del mercato, dall’avvenuta separazione tra proprietà e gestione delle imprese, con le collocazioni in borsa, gioca ancora oggi un ruolo fondamentale e rappresenta una sfida costante. Un capitalismo che conserva alcuni tratti principali ma capace di adeguarsi alla società e ai mutamenti della Storia.
Sulla natura del sistema capitalistico evidenzia le contraddizioni intellettuali e pratiche di tutti coloro che affermano di seguire il pensiero unico liberista. L’autore individua il più grande problema del capitalismo: il fine del sistema economico è costruito per perseguire l’accumulazione di ricchezza da parte di poche persone o organizzazioni a scapito del benessere generale.
Colpa della moneta, ci risiamo.
Queste considerazioni mi hanno fatto ricordare “Il nuovo ordine mondiale” un interessante testo di Ray Dalio (ve lo consiglio!) che individua l’inizio dei problemi economici dell’umanità nella creazione del ciclo del credito e del debito. Interessante comprendere come la creazione della moneta ha iniziato un processo che si ripete costantemente nel tempo peggiorando, di fatto, le condizioni dell’uomo.
“Se il capitalismo è quel sistema economico-sociale in cui la forza-lavoro collettiva è controllata dagli individui che detengono la proprietà̀ del denaro”, tolta la maschera ideologica con cui si presenta, per appurare se fa quel che dice è sufficiente è stabilire chi controlla i grandi capitali? Qui si apre l’interessante capitolo sulle banche private e centrali, un sistema piramidale che permette al potere di conservarsi. Non si tratta ovviamente di teorie complottiste ma di informazioni di dominio pubblico che a nessuno dei media piace evidenziare.
Effetti del capitalismo e il suo futuro
Disparità di ricchezza e di possibilità, finte democrazie, sfruttamento, diritti non riconosciuti e un deterioramento costante del nostro pianeta. Un ciclo che non si chiude mai, costituito per non chiudersi. La stessa malattia è la cura che il sistema politico ed economico propongono, la mano che tendono nell’ennesima crisi è la stessa che oggi sta accumulando la ricchezza che genererà la prossima. Il sistema che si conserva con la promessa della speranza di un futuro migliore pur sapendo essere incerto.
Grazie a brillanti deduzioni sui più importanti modelli economici della Storia Tanzi propone come superate tutte le visioni finora sperimentate, viziate dall’assioma errato che il potere economico sia autonomo da quello politico. Il denaro è divenuto indispensabile per controllare la e assoggettare altri Paesi e renderli schiavi, dipendenti da una moneta o da un governo. Questo identikit del capitalismo, nudo e crudo, è necessario.
Tenendo conto della complessità del modo in cui il capitalismo è inglobato nei processi economici mondiali secondo Tanzi è impossibile pensare di controllare singoli elementi per risolvere i suoi problemi. La soluzione è pensare in grande, investire sulla formazione la quale determina scelte consapevoli. La conoscenza e la libera informazione possono dare ai cittadini gli strumenti per modificare il sistema politico ed economico perché abbia luogo quella che, citando Kelsen, è “la trasformazione del concetto di libertà, il quale, dall’idea di una libertà dell’individuo dal dominio dello Stato, si trasforma in partecipazione dell’individuo al potere dello Stato”.
Un futuro senza capitalismo è possibile? Esistono già progetti che si muovono nella direzione dell’economia del benessere come il Venus project che “si basa sulla teoria dell’abbondanza delle risorse attraverso l’utilizzo della tecnologia odierna, che permetterebbe la costruzione di città e ambienti capaci di massimizzare il benessere individuale e collettivo, anche grazie all’uso di materiali e forme di energia ecocompatibili” o pure il “Movimento per la Decrescita Felice” volto a proteggere le risorse della Terra “facendo attenzione al rapporto tra lo sfruttamento delle risorse del territorio e le esigenze dell’umanità̀, privilegiando le produzioni dei beni di necessità come il cibo, tutelando l’ambiente ed evitando la politica del consumismo”.
Un saggio costruttivo, apre gli occhi sul qui e ora per interrogarsi sulla natura del pensiero economico che ci guiderà domani. Senz’altro, e questo Dario Tanzi sembra averlo compreso, questo pensiero sarà lo specchio di chi saremo diventati. E lì risiede la prova più forte per l’uomo nei prossimi decenni.
Fabio Pinna