
Autore: Herman Melville
Pubblicato da Feltrinelli - Ottobre 2015
Pagine: 119 - Genere: Avventura, Classici
Formato disponibile: Brossura, eBook
Collana: Universale economica. I classici
ISBN: 9788807902215
ASIN: B01AX802UQ

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Il comandante Amasa Delano soccorre la nave spagnola San Dominick, capitanata da Benito Cereno. Capitanata nel modo più bizzarro e insolito che Delano abbia mai visto. Su una nave alla deriva, dove fame, sete e follia sono la corrente che gonfia le vele della disperazione, un anelito di speranza squarcia il velo delle apparenze. Niente è come sembra.
“Benito Cereno – don Benito Cereno – che nome altisonante!”

Ma se quella storia non era vera, qual era la verità?
Benito Cereno è un buon capitano o un uomo violento senza scrupoli? Melville sapeva benissimo, da uomo di mare qual era, che la superficie immobile di acque lambite dalla spossante mollezza della bonaccia nascondono correnti vigorose e mostri bianchi e spietati. Il capitano Amasa Delano è perennemente in bilico emotivo, a ogni frangersi delle acque contro la San Dominick le sue emozioni e i suoi pensieri vacillano. Uomo di buon cuore e incline alla speranza, Delano sale su una nave alla deriva, dove si trova di fronte un capitano infermo e dalla sanità mentale incerta, un equipaggio bizzarro di schiavi e pochi membri effettivi decimati da malattie e vicende tanto drammatiche quanto misteriose. Il fedele a apprensivo Babo segue il suo capitano, Cereno, senza lasciarlo mai solo, facendo di sé stesso stampella e supporto morale dell’infermo e sconvolto spagnolo.
Benito Cereno si comporta in modo strano, si contraddice, sembra essere scostante e poi cordiale. Delano continua a cambiare la propria opinione sul suo anfitrione. I due protagonisti del romanzo Benito Cereno danzano incessantemente tra stati emotivi e comportamenti equivoci.
Una così singolare alternanza di cortesia e maleducazione da parte del capitano era inspiegabile, a meno di ricorrere a una di queste due supposizioni: o innocente pazzia, o malvagia impostura.
In questo romanzo breve Herman Melville usa ancora una volta il mare come ambiente. Il mare per lui non è quasi mai vita, ma morte, sofferenza, il mare è la chiave che apre le porte nere dell’animo umano, è il deserto in cui l’uomo deve lottare da solo per la propria salvezza.
Benito Cereno racchiude la poetica melvilliana, specchio di una vita, quella dell’autore, fatta di sofferenza, difficoltà, lotta e ricerca di un riscatto sociale ed economico che non arriverà mai. C’è quindi il mare, un deserto d’acqua dove è facile morire di sete. C’è la religione, citazioni ai testi sacri. C’è la sofferenza e la forza disperata di lottare per sconfiggerla.
La potenza di questo romanzo è nel senso di incertezza, nel continuo rollio che scombussola le idee al lettore, mantenendo alcuni aspetti, che la letteratura contemporanea non può più permettersi, dello stile di Melville, come la tendenza alle descrizioni enciclopediche, qui però decisamente ridotte.
Siamo dall’inizio alla fine, se si esclude la parte conclusiva, nella testa di Delano, ed è proprio vedere dal suo punto di vista che rende credibile il fatto che le apparenze possano rivelarsi errate, proprio perché il capitano americano vede solo ciò che gli si para di fronte.
Melville usa sapientemente una tecnica che conosce bene e di grande impatto, descrive il protagonista, il romanzo si chiama Benito Cereno, con gli occhi di un testimone. Questo inchioda il personaggio nella mente del lettore, lo crocifigge letteralmente attraverso la testimonianza diretta. Come per Achab, o forse la balena bianca.
Approfondimento
Era l’eco della campana incrinata che batteva l’ora, tetramente riverberato in quella volta sotterranea.
La grandezza a volte si scontra con la cultura del tempo di chi ne porta il peso. Non deve stupire che la tratta degli schiavi e che alcune considerazioni razziali, quanto meno aberranti, entrino dentro questo libro con l’apparente innocenza di verità palesi. Melville era un grande, e come tale semina tempesta sotto forma di innocenza. La vicenda di Benito Cereno prende spunto da un reale fatto di cronaca, come era reale che gli americani iniziarono a interrogarsi sullo schiavismo e i diritti civili.
Melville fece qualcosa di coraggioso, diede potere all’uomo nero, allo schiavo. Lo schiavo nero dalla mente fine e audace. Mise letteralmente il manico del coltello in mani nere. Salvo poi tornare nei ranghi, ma contestualizzando all’epoca storica in cui scrisse la sua non fu una debolezza ma un vero atto rivoluzionario.
Non voglio rivelare nulla del romanzo, ma queste precisazioni sono importanti, forse le più importanti e imprescindibili. Senza questa consapevolezza nulla avrebbe senso.
Melville scrisse questo romanzo con la mano di Cereno, le apparenze ingannano.
La brevità del romanzo è uno dei suoi punti forti. In poche pagine è racchiusa tutta la poetica melvilliana. Brevità e concentrazione rendono Benito Cereno un romanzo che rimane impresso, che scatena reazioni emotive che si susseguono senza sosta. Le pagine, le parole stridono come le asce che fanno sobbalzare il cuore di Delano, come la campana rotta che suona distorta sulla nave spagnola. La sensazione che non ci sia niente di giusto, che ogni cosa sia fuori posto è il seme che l’autore ci lascia tra le mani. L’uomo buono, Delano, è confuso, non sa a cosa credere. L’uomo buono è ponto alla fiducia, alla fede. L’uomo buono è pronto a cambiare idea e a non cedere ai luoghi comuni, a quella che oggi sarebbe definita cultura di massa.
La lettura di questo libro è bella, intensa ma, come per i libri sacri, che tanto amava citare Melville, non andrebbe limitata alla superficie, alla letteralizzazione del testo, ma spinta verso l’abisso dell’interpretazione, della parabola. Ogni sforzo, altrimenti, sarebbe vano. Delano è un uomo buono ma è pur sempre un uomo bianco e i suoi occhi vedono attraverso una luce bianca.
Jung diceva che le luci dell’animo umano generano ombre, più è forte la luce più l’ombra è oscura.
Il bianco e il nero sono il mare e l’uomo, il capitano e la balena, Cereno e il suo equipaggio, sono luce e ombra dell’essere umano.
Una somiglianza fantastica quella che per un momento indusse Delano a pensare di trovarsi davanti nientemeno che a una nave di monaci.
Cristiano Dall’Asta