Autore: René Daumal
Pubblicato da Adelphi - Luglio 1997
Pagine: 252 - Genere: Classici
Formato disponibile: Brossura, eBook
Collana: Biblioteca Adelphi
ISBN: 9788845906022
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La gran bevuta nacque come una sorta di manuale ideato per “aiutare a pensare”. René Daumal si propose di offrire ai suoi lettori dapprima un ricco catalogo di procedimenti di pensiero ritenuti errati per poi giungere all’uscita del tunnel dotati degli strumenti adatti per la conquista di un “vero sapere”.
RAGIONE, sost. f., meccanismo immaginario sul quale si scarica la responsabilità di pensare.
Di solito quando qualcuno ci dice di essere impegnato nella lettura di un libro che non conosciamo, una delle prime domande che ci viene spontaneo porre è: “di cosa parla?”. A quel punto chi è davanti a noi deve essere così bravo da darci quelle informazioni sulla trama capaci di incuriosirci senza però svelarci troppo… Quanti gialli sono stati rovinati dalla leggerezza di chi, distrattamente, si è lasciato scappare il nome dell’assassino! Perché vi dico questo? Perché se, durante la lettura del racconto di Daumal, qualcuno mi avesse chiesto informazioni sulla trama, mi sarei sentita seriamente a disagio. Avrei forse iniziato a balbettare qualche frase frammentata senza però riuscire a formulare nessun concetto compiuto. La verità è che mentre ci troviamo immersi nella lettura di questo libro ci può capitare di sentirci spaesati e confusi. Vorremmo avere il controllo della situazione ma capiamo di essere in balia del volere dell’autore. È lui a guidarci lungo un percorso strano e paradossale. E allora non ci resta che farci trasportare, nella speranza che alla fine tutto sarà chiarito, diventando finalmente intellegibile.
Ma cos’è questo “tutto”? In altri termini, qual è il viaggio che Daumal ha pensato per noi? Possiamo usare le parole di uno dei personaggi per tentare di orientarci. Il nostro itinerario prende il via dall’”incubo dei disorientati”, coloro che tentano di sentirsi vivere ma che, non avendo punti fermi o guide, sono costantemente in balia dell’ubriachezza. Da qui veniamo condotti ai “paradisi artificiali”, abitati dai tanti Evasi (Scienti, Sofi, Fabbricatori di oggetti inutili, Fabbricatori di discorsi inutili…) che si dissetano con bevande artificiali. Alla fine del percorso l’autore farà “presentire delle bevande più sottili e insieme più reali” che però dovranno essere guadagnate con l’ausilio dell’intelligenza e della fatica.
Ed eccoci tornati al punto di partenza: cosa si nasconde dietro l’architettura allegorica? L’autore sembra aver voluto dar prova della potenza delle parole a cui, non di rado, corrisponde la debolezza del pensiero. Questo non ci deve portare ad immaginare una visione semplicemente pessimistica della vita e dell’umanità. Daumal è infatti convinto sia possibile uscire da questo circolo vizioso. Dal suo punto di vista, è possibile liberarsi di quel fardello costituito dai meccanismi che ci spingono ad usare in modo distorto le nostre facoltà intellettive per giungere ad un vero sapere: un sapere autentico. Così, ispirandosi alla metafora rabelaisiana del “bere”, l’autore ha disegnato un percorso di catarsi e purificazione che non dobbiamo far altro che percorrere, tappa dopo tappa.
Approfondimento
Non so se il senso di spaesamento e allucinata confusione che ho provato tra le pagine di questo libro fosse tra le coscienti intenzioni dell’autore. So che mentre leggiamo La gran bevuta ci sentiamo un po’ ubriachi anche noi. A tratti storditi. Ci sono dei momenti in cui quelle che abbiamo sotto gli occhi ci sembrano frasi a sé stanti, compiute nella loro finitezza. Come se si trattasse di una raccolta di aforismi, un libro da aprire alla cieca e da cui estrarre ogni giorno un diverso insegnamento o una qualche fonte di ispirazione. E, in effetti, Daumal volle scrivere un racconto spigliato in cui ogni frase fosse dotata di un suo senso pieno. Ciò non deve però impedirci di considerare l’opera nella sua unitarietà. Solo così potremmo coglierne il vero significato. Ed era proprio contro il “falso pensare” che l’autore voleva scagliarsi. Nella sua visione, “sapersi ubriachi, sia pure di discorsi e di gesti inutili, volerlo essere ancora di più, era il primo passo verso una liberazione e il raggiungimento di quella sobria ebrietas che porta alla lucidità e permette di intravedere il proprio cammino. A quella dei discorsi inutili, cioè, doveva seguire una ubriacatura di poesia, di verità e di fiducia”. Ed è con questa consapevolezza che dovremmo accostarci a questa lettura così sorprendente, a questo libro che, scritto più di ottanta anni fa, conserva ancora oggi un’incredibile vitalità.
Mariangela Pala